Rendiamo grazie a Dio

Congetture sulla funzione linguistica di quel “rendiamo”.
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Linguistica
Religione
Rendiamo grazie a Dio

Per le persone avvezze alla partecipazione di funzioni liturgiche proprie della religione cristiana-cattolica questa riflessione potrà risultare sì pedante, ma intrigante e ricercata allo stesso tempo.

Ho avuto molte volte l’occasione di arrovellarmi su questo tema, tanto che da tempo cercavo l’opportunità di poter dare sfogo liberamente a questi miei pensieri. E allora mi sono detto: “Quale miglior strumento se non l’arguta multidisciplinarietà interculturale de Il Cammello, il mio nuovo magazine online!”.

Passando al fatto, questa riflessione parte da qui.

È tipico che la parte conclusiva di ogni funzione liturgica (gergalmente indicata come “Messa”) sia caratterizzata dalla formula responsiva di benedizione del celebrante che si esprime come segue:

C (Celebrante): Vi benedica Dio onnipotente, Padre e Figlio e Spirito Santo
A (Assemblea): Amen
C: La messa è finita, andate in pace
A: Rendiamo grazie a Dio.

La mia attenzione ricade sistematicamente sulla funzione sintattica di quel “rendiamo”, dato che il dubbio nasce da una questione – campo di indagine cui sono visceralmente legato – di tipo linguistico. Infatti, il verbo “rendere” raccoglie un paio di significati principali che mi interessa riportare e analizzare.

Dal dizionario online Treccani:

Rendere v. tr. [lat. rĕddĕre, comp. di red- e dare, con influsso di prendere]
– 1. Dare ad altri cosa che gli è dovuta per qualsiasi ragione.
– 2. [...] Produrre un effetto utile e apprezzabile, in proporzione allo sforzo richiesto per ottenerlo

Insomma, è chiaro che nella formula italiana della celebrazione eucaristica il periodo “rendiamo grazie a Dio” può significare due cose: 

– il primo concetto attinge dal significato di “rendere” secondo cui, transitivamente, “ridiamo”, “diamo” qualcosa che spetta a qualcuno; in questo caso diamo dei ringraziamenti a Dio, per cui, più semplicemente, lo ringraziamo.

– il secondo concetto, forse più macchinoso, ma non per questo meno affascinante, attinge dal secondo significato di “rendere”, quello per il quale, attraverso un complemento di mezzo e di strumento, abbiamo un rendimento grazie a qualcuno o qualcosa; in questo caso “rendiamo grazie a Dio” potrebbe significare che noi umani, nella nostra piccolezza, produciamo un valore, abbiamo una resa, per effetto di Dio.

Inutile sottolineare che l’inebriante modularità della lingua non perda mai occasione di stupirmi, soprattutto nella misura in cui riesca a congegnare e a racchiudere, come in questo caso, variazioni sostanziali di significato anche all’interno dello stesso lemma.

Interessante no? Eheh.

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