Riferimenti bellici

Cosa succederebbe se eliminassimo dall’italiano tutte le immagini legate alla guerra?
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Riferimenti bellici

Ultimamente sto facendo un esperimento. Mentre parlo e mentre scrivo sto cercando di evitare completamente ogni modo di dire che fa riferimento alla guerra o, in generale, alla violenza.

Mi sono presto accorto che è piuttosto difficile, perché questo genere di immagini è frequente e profondamente interiorizzato, al punto che l’interpretazione letterale sembra spesso eludere l’attenzione di noi parlanti. In pochi pensano direttamente alla guerra quando qualcuno dice che qualcosa “è una battaglia persa”, “è una bomba”, o è “un campo minato”. Eppure, il riferimento è proprio quello: la guerra sembra essere molto presente nei nostri pensieri.

A volte possiamo “essere in prima linea”, “essere sotto assedio”, oppure “essere presi tra due fuochi”. Altre volte "colpiamo nel segno", "spariamo a zero", “facciamo terra bruciata”, oppure "abbassiamo la guardia". Quando facciamo un secondo tentativo con qualcosa, “aggiustiamo il tiro”, proprio come i cannoni e le catapulte. Per non parlare di tutte quelle immagini che non sono strettamente belliche, ma fanno comunque riferimento a violenza di vario tipo: "giriamo il dito nella piaga", "tagliamo la testa al toro", “versiamo sale sulle ferite”, "colpiamo al cuore", "prendiamo a bruciapelo". Possiamo avere ulteriori "frecce al nostro arco", oppure possiamo lavorare come "freelance" (cioé lance libere, mercenari) — la questione è: in chi o in cosa conficcheremo queste frecce e queste lance?

La lista di questo genere di espressioni è potenzialmente lunghissima ed è arricchita da mille regionalismi; del resto, al mondo la violenza esiste in grande quantità e la lingua semplicemente si limita a tenerne traccia, per cui forse non c’è neanche da stupirsi. Proprio per questo, forse non è neanche indispensabile rimuovere a tutti i costi queste immagini dal parlato: dopotutto, possiamo tranquillamente servircene a pieni polmoni pur comportandoci da pacifisti convinti, proprio come possiamo apprezzare il gangsta rap senza necessariamente frequentare gang armate nella vita reale.

Detto questo, comunque, utilizzare un’immagine violenta in meno di tanto in tanto non potrà fare male a nessuno. Non è tanto questione di nascondere l’esistenza delle tante pratiche sanguinolente che abbiamo spesso sulla punta della lingua, ma può essere positivo togliere loro importanza, abitualità, disponibilità. Detto questo, mi rendo conto che, se l'intento è limitare la violenza nel mondo, investire tanta concentrazione in questa rieducazione linguistica potrebbe non essere l’approccio più efficiente. Qualcuno persino direbbe che “è come uccidere una mosca con un bazooka”.

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